sabato 23 luglio 2022

Collegamenti radio in portata ottica

L'orizzonte radio

Quando si parla di “linea di vista”, si immagina che tutto ciò che sta oltre l'orizzonte visibile terrestre non possa essere veduto. Questo, per nostra fortuna, non è vero in quanto i segnali radio, oltre l’orizzonte ottico, vengono diffratti ottenendo un aumento di portata del 15 % rispetto alla luce.

Le onde radio viaggiano in tutte le direzioni. Prendendo quella in particolare tra due punti, essa diventa una linea retta.

Altra caratteristica fondamentale: le antenne devono vedersi dal punto di vista radio; il limite si è visto che è un pò più in là dell'orizzonte ottico. E più sono in alto, più lontano sarà l'orizzonte coperto.

Aumentando l’altezza delle antenne, si ottiene in corrispondenza un aumento della portata. L'orizzonte radio è dato dalla formula:

dr = 4.12 x √h

Dove:

  • dr = distanza radio in [km]
  • h = altezza delle antenne in [m] (somma)

Due portatili, a un metro e mezzo di altezza, daranno una portata massima teorica di circa 7 km. Questo perchè si andrà a creare una zona d'ombra via via che ci allontaneremo, oltre l'orizzonte radio.

 

Scatter terrestre e Multipath Fading

Sulla terraferma ci saranno inoltre molti ostacoli attorno a noi che potranno riflettere in modo caotico i segnali a frequenza molto alta (dalle VHF in su). Minore sarà la lunghezza d’onda, maggiore sarà l’effetto di riflessione.

Queste riflessioni creano dei percorsi multipli che, una volta arrivati al ricevitore, si sommano vettorialmente causando evanescenze e distorsioni del segnale.

Minore sarà la lunghezza d’onda e maggiore sarà l’effetto di riflessione.

 

Zona di Fresnel

Non ci devono essere tuttavia ostacoli tra le due antenne, neanche nelle immediate vicinanze: la loro presenza attenua, anche fortemente, il segnale a causa delle rifrazioni e conseguente generazione di multipath fading.

Si definisce zona di Fresnel la zona a forma di ellisse tra le due antenne dove le riflessioni delle onde radio non sono fattore di disturbo nella propagazione del segnale. Si calcola con la formula

Rf = ½ √λd x 0.6

dove Rf è il raggio visto alla distanza d dall'antenna più vicina.

 

Diffrazione “knife edge”

Un altro fenomeno della propagazione è la diffrazione a lama di coltello (knife edge diffraction).

E’ noto, sin dagli studi di Huygens nel 1600, che la luce si diffonde oltre uno spigolo secondo uno schema di interferenza. Essa è legata alla zona di Fresnel e crea, oltre all’ostacolo dello spigolo, una zona dove la ricezione può essere ancora possibile.

E’ evidente che molta parte del segnale viene persa, ma una situazione di questo tipo può risolvere o spiegare problemi di collegamento dovuti ad ostacoli.

 

Link Budget

Chi lavora con moduli radio ricetrasmittenti ha a che fare con un dato, reso dal costruttore, che è il Link Budget. Esso è la differenza, in decibel, tra la potenza massima trasmessa e la sensibilità del ricevitore, antenne e cavi compresi.

Si ricava con la formula:

Link Budget = Ptrasm1 + Gant1 + Gant2 - Sens2

dove:

  • Ptrasm1 = Potenza del trasmettitore in dBm;
  • Gant1 = Guadagno dell'antenna trasmittente in dB;
  • Gant2 = Guadagno dell'antenna ricevente in dB;
  • Sens2 = Sensibilità del ricevitore in dBm.
 

L'attenuazione di tratta

Il segnale deve percorrere una certa tratta in aria per arrivare dal trasmettitore al ricevitore. Ed in questo percorso subisce una attenuazione, la cosiddetta attenuazione di tratta.

Si calcola matematicamente con la formula di Friis:

At = 32.4 + 20 Log10(f) + 20 Log10(Dr)

dove:

  • At = Attenuazione di Tratta in dB
  • f = Frequenza in MHz
  • Dr = Distanza in km
 

Questo in teoria, ma in pratica?

Mettendo insieme questi dati potremo così stimare la nostra copertura radio. Si dovrà tuttavia tener conto anche di:

  • rumore;
  • condizioni meteorologiche.

Il ricevitore aggiunge all'ascolto del rumore termico quando è connesso ad una antenna. Rumore generato dai componenti elettronici e dall'antenna stessa, magari emesso da dispositivi elettronici nelle vicinanze o dall'apparecchiatura ricevente stessa, dovuto a fenomeni atmosferici, rumore galattico prodotto nel profondo spazio (QRN), oppure generato artificialmente (QRM).

Questo va a sommarsi al segnale utile ricevuto, diminuendo la sensibilità del sistema, e quindi anche la portata. Potrebbero aggiungersi all'attenuazione di tratta, ovvero togliersi dal link budget, anche 20 o 30 dB.

Anche la presenza di pioggia, neve, temporali o grandine potrebbe influire, attenuando o talvolta rafforzando il segnale, condizionando così la portata stessa.

Rimanendo entro la copertura radio delle antenne, sottraendo quindi al link budget prima calcolato l'attenuazione di tratta e tenuto conto del rumore e dei disturbi di propagazione, ciò che rimane è il segnale utile. Se si tratta di fonia analogica, ci devono essere almeno 12 dB positivi rispetto alla sensibilità del ricevitore. Se stiamo al di sotto di questa soglia, riceviamo solo fruscio.

 

Cosa fare per aumentare la portata?

Con la potenza a disposizione fissa e la sensibilità non modificabile, potremo agire sugli altri dati.

  • Antenne. Usiamo antenne migliori, magari con un certo guadagno. Almeno 3 dB di guadagno iniziano a fare la differenza. Con 6 dB raddoppiamo la portata.
  • Posizione delle antenne. Se sono in vista, devono stare nella stessa posizione (polarizzazione): verticale. In presenza di riflessioni, si dovrà trovare la posizione ottimale.
  • Posizione degli operatori. Spostiamoci più in alto, quadruplicare l'altezza significa raddoppiare la portata.
  • Sfruttiamo eventuali riflessioni. Sono aleatorie, vanno trovate sperimentalmente.
  • Agendo sulla potenza non otterremo un granchè. Al massimo i portatilini potrebbero dare 8...10 W. Per ottenere un raddoppio della portata, dovremmo quadruplicare la potenza (6 dB). Altrimenti otterremo solo un inutile consumo maggiore di batterie.
  • Usare la fonia analogica piuttosto che il digitale. Un canale analogico permette una sensibilità maggiore rispetto ad uno digitale, almeno come quantità di errori ricevuti. Meglio un segnale comprensibile con fruscio che uno comprensibile a tratti.
  • Usare una larghezza di banda inferiore. Magari operare in NFM (modulazione di frequenza a banda stretta, ovvero a più bassa deviazione di frequenza e canale più stretto) può aiutare.
Tutto questo ovviamente senza sfruttare eventuali fenomeni di propagazione troposferica, come inversioni termiche e presenza di duct più o meno grandi.



73 de Andy IV3ONZ

Link utili e bibliografia:

  • Silicon Labs Si4464-63-61-60 Sub GHz RF Transceiver
  • A. Barter, "International Microwave Handbook", RSGB 2008
  • ARRL, "Antenna Book", 21st Edition
  • G. Gerzelka, "Manuale dell'operatore DX", F. Muzzio & C Editore
  • S.W. Best, "Il vademecum DX", F. Muzzio & C Editore
  • I. Poole, "Radio propagation", RSGB 2004


lunedì 18 luglio 2022

DX via Ionosfera

Abbiamo visto sinora come si propagano le onde radio, tra punto e punto e nella parte bassa dell'atmosfera. Tali collegamenti non superano però i 500 km, solo eccezionalmente anche i 2000 - 3000.
Le frequenze in gioco spesso sono oltre i 50 MHz, frequenze più basse praticamente non risentono dell'effetto troposferico.

Ora vedremo come si possono realizzare collegamenti radio praticamente in tutto il globo, sfruttando la parte alta dell'atmosfera terrestre, la ionosfera.

La ionosfera terrestre

In questo tipo di propagazione, ci sono quattro grandi e complessi sistemi che interagiscono tra di loro:

  • Il Sole;
  • Il campo magnetico terrestre;
  • La bassa atmosfera;
  • La ionosfera stessa.

La ionosfera è la seconda parte più grande dell’atmosfera terrestre, dopo la esosfera che è la transizione verso lo spazio esterno.

Essa va da un’altezza di 40 km fino a circa 1600 km. L’aria è molto rarefatta e le relative molecole sono molto distanti tra di loro.

La parte più bassa della ionosfera è 1.000.000 di volte meno densa rispetto all’aria che respiriamo.
Tra i 60 ed i 400 km di altezza, l'atmosfera terrestre assume particolari condizioni fisiche, tra le quali l'estrema rarefazione dei gas, l'aumento repentino della temperatura e la ionizzazione delle molecole presenti, dovuta all'azione delle particelle energetiche provenienti dal Sole.

In questa parte dell'atmosfera avvengono fenomeni come le aurore e le scie luminose delle meteore.

Il Sole bombarda costantemente la Terra con radiazioni elettromagnetiche, dall’infrarosso fino ai raggi X e gamma. La parte di radiazione ionizzante (raggi ultravioletti, X e gamma) è sufficientemente energetica da ionizzare le molecole di aria incontrate. 

Queste molecole ionizzate, gli ioni, tendono fondamentalmente a perdere elettroni.

A causa della ionizzazione di questi strati di atmosfera, la radiazione ionizzante viene assorbita e non arriva fino a noi. Gli elettroni si trovano in un ambiente molto rarefatto, e la loro ricombinazione è molto bassa. Si viene a creare così un ambiente ricco di elettroni.

Avremo così, a diverse quote, diversi strati ionizzati riflettenti a diverse ore del giorno, stagioni e cicli solari.

Collegamenti via ionosfera

I collegamenti DX nelle onde medio/corte e corte e talvolta anche nelle onde ultracorte più lunghe si verificano mediante riflessioni del segnale sugli strati ionizzati della ionosfera. Sono noti quattro strati riflettenti, ma solo tre hanno caratteristiche utili alla riflessione dei segnali radio:
  • strato E a 100...115 km di altezza
  • strato F1 a circa 160 km di altezza
  • strato F2 a circa 210...420 km di altezza

Il quarto strato, lo strato D, non possiede caratteristiche di riflessione o rifrazione; attenua invece le frequenze più basse. Si trova tra i 60 ed i 90 km di altezza.

Tutti questi strati sono dovuti all'irradiazione solare, quindi la presenza degli strati dipende dall'ora del giorno.
 
Gli strati E ed F sono presenti esclusivamente di giorno ed il massimo della loro efficacia è attorno al mezzogiorno locale.

Contrariamente, lo strato F2 è attivo sia di giorno che notte, nonostante sviluppi la sua massima efficacia durante il giorno, con il massimo un pò dopo il mezzogiorno locale. Ha una marcata dipendenza dalla stagione con un massimo dell'attività nei mesi invernali.
 
Lo strato attenuante D appare solo di giorno con il massimo dell'attività a mezzogiorno.

L'efficacia degli strati nei confronti della propagazione è legata alla frequenza delle macchie solari, che segue un ciclo di circa 11 anni (da 9 a 13 anni). Quando viene raggiunto il picco di macchie solari il DX è maggiormente favorito. La frequenza delle macchie solari è indicata come numero relativo di macchie solari (R).

Il tasso di ionizzazione non è costante in tutta la ionosfera. Il livello di questa attività elettrica è direttamente legato all’ora del giorno, dalla stagione e dall’attività solare; molto importante è il livello di macchie solari ed il flusso solare (Solar Flux).

Il rateo di ricombinazione è costante ad una data altitudine, dato che è legato alla densità dei gas. I processi presenti sono due: ionizzazione e ricombinazione.

Durante il giorno prevale la ionizzazione, durante la notte la ricombinazione. Più basso è lo strato, più veloce sarà la ricombinazione.

I massimi sinora registrati si aggirano sui 360 (19° ciclo). Le misurazioni risalgono dal 1750; nel periodo, sino ai giorni nostri, sono stati registrati dei minimi e dei massimi.
Attualmente siamo entrati nel 25° ciclo.

Diversi siti web diffondono regolarmente bollettini sulle condizioni DX. Un sito importante è quello del NOAA, "SPACE WEATHER PREDICTION CENTER". Vengono emessi regolarmente bollettini del meteo solare, corredati di immagini e grafici.

Quali frequenze usare?

Il numero di elettroni liberi determina il valore della minima frequenza usabile (LUF, Lowest Usable Frequency). Al di sotto di questa frequenza i segnali non verranno rifratti verso il suolo, ma si perderanno nello spazio.

La massima frequenza usabile (MUF, Maximum Useable Frequency) è la più alta frequenza che sarà rifratta con certe condizioni di propagazione ed un dato angolo di incidenza del segnale (takeoff).

Tutti i segnali con frequenza maggiore alla MUF attraverseranno lo strato,  proseguendo verso lo spazio esterno.

La Frequenza Critica (CF, Critical Frequency) è in relazione alla densità di elettroni liberi presenti. E’ la massima frequenza dei segnali provenienti verticalmente dal basso che sarà riflessa dallo strato.

La frequenza critica, considerando le sue oscillazioni legate al passare delle ore del giorno e della stagione, si trova per lo strato E sui 2...4 MHz, per lo strato F1 sui 3...6 MHz, e per lo strato F2 sui 3...14 Mhz.

La frequenza critica non è generalmente uguale alla MUF, ma ne è legata. Il valore della MUF è maggiore rispetto a quello della frequenza critica poiché l’onda arriva sempre con un angolo inferiore a 90°.

La frequenza di lavoro ottimale (OWF, Optimal Working Frequency) è circa l'85% dell'effettiva MUF corrispondente ad un certo angolo d'irradiazione.

Per ogni strato si calcola la LUF e la MUF; teoricamente solo nel tratto compreso fra questi due limiti di frequenza è possibile il collegamento DX, tenendo conto che i segnali riescono ad attraversare due volte lo strato attenuante D, vengono riflessi da uno degli strati E e/o F, e giungono al ricevitore con sufficiente intensità di campo.

La LUF, infine, è limitata solo dallo strato attenuante D. Essendo questo strato presente solo di giorno, la LUF limita la propagazione soltanto nelle ore diurne.

La LUF può avere valori di 10...15 MHz, ma dipende notevolmente dalla potenza di trasmissione. Con un aumento di potenza è possibile abbassare la LUF verso frequenze più basse, ovviamente entro certi limiti.

Con circa 100 W di potenza, essa si aggira attorno ai 5...8 MHz; con una potenza dieci volte maggiore può essere ulteriormente abbassata fino alla metà circa; i valori dipendono a seconda dell'attività solare.

Per valori inferiori di LUF l'unico collegamento possibile è quello per onde terrestri.

Come già detto, i valori di LUF - CF e le condizioni di propagazione ad esse collegate sono riferiti a tragitti verticali del segnale, non utili per un collegamento. Abbassando l'angolo di emissione del segnale, in corrispondenza, la MUF cresce sempre più.

Questo spiega come, nella pratica, si possano effettuare dei DX anche con frequenze superiori alla frequenza critica. Con angoli di irradiazione prossimi allo zero, la MUF può essere da tre a cinque volte il valore della CF.

Quindi, quanto più piatto è l'angolo d'irradiazione, tanto più alta può essere la frequenza di esercizio.



Lo svantaggio nell'avere  un angolo di irradiazione basso o piatto sta in una zona d'ombra (skip) molto grande, nella quale il segnale non può essere ricevuto. Aumentando la frequenza, la zona d'ombra si estende sempre di più.

La portata per riflessione dei segnali dipende dall'altezza degli strati e dell'angolo d'irradiazione. Per più di un salto basta calcolare il relativo multiplo.

Tuttavia bisogna tener conto del fatto che l'angolo d'irradiazione del segnale è strettamente collegato con l'angolo d'irradiazione dell'antenna, che generalmente è attorno ai 15° di elevazione.

Le portate per riflessione singola in pratica vanno raramente oltre i 2500 km. Le distanze maggiori si ottengono solo per mezzo di riflessioni a doppio o multiplo salto.

In teoria, per poter ricevere un segnale, la polarizzazione delle antenne deve essere la stessa, sia dal lato TX che RX. In realtà, a causa delle rotazioni di fase e di polarizzazione dovute alle turbolenze negli strati riflettenti e alle riflessioni multiple dovute agli ostacoli, non ha importanza come viene polarizzata l'antenna.

E sporadico

Lo strato E si forma ad un'altezza di 100 km. Occasionalmente e limitatamente, viene a formarsi uno strato riflettente che agisce sino alle frequenze in banda 2 metri.

A causa della sua comparsa non prevedibile, viene chiamato strato E sporadico (Es).

Sembra sia legato all’attività degli sciami meteorici, non dimostrando una correlazione con l'attività solare.

Mostra comunque un andamento annuale e giornaliero, con dei massimi tra i mesi di maggio e luglio, dicembre e gennaio, in particolar modo nella tarda mattinata e nelle prime ore serali.

Ogni anno circa 50.000 tonnellate di meteore impattano nell’atmosfera terrestre. La maggior parte ha dimensioni inferiori ad un granello di sabbia, ma almeno 80.000 di questi “sassolini” superano il peso di 10 grammi.

Le meteore entrano nell’atmosfera superiore (meteoriti) ad una velocità tra 7 e 70 km/h. Ognuna di queste meteore lasciano una traccia di gas ionizzati, presenti prevalentemente all’altezza dello strato E.

L’aumento di ioni di gas e di particelle metalliche rilasciate dalla scia delle meteoriti favorise la riflessione di segnali in banda 10, 6 e 2 metri.

La ricombinazione nello strato E è particolarmente veloce, così la possibilità di collegamento dura da alcuni secondi ad alcuni minuti.

Propagazione aurorale

La Terra può essere considerata come un enorme magnete, le cui linee di forza percorrono lo spazio esterno (atmosfera) dal polo nord al polo sud. Queste linee di forza vengono perturbate da altri campi magnetici, in particolare dal vento solare. Tali linee di forza costituiscono la magnetosfera.

In condizioni di quiete, solo poche particelle del vento solare (protoni ed elettroni) penetrano nell’atmosfera. Esse tendono ad essere catturate dai poli magnetici terrestri. Nelle fasi di intensa attività solare, la velocità del vento aumenta ed il numero di particelle pure.

La magnetosfera cambia così forma, generando una apertura (cusp), nella quale viene catturata la maggior parte delle particelle solari, il campo elettrico terrestre ne aumenta la velocità generando le spettacolari aurore polari.

Essendo così la ionosfera nei pressi dei poli ricca di elettroni, la propagazione dei segnali ne viene influenzata. Si ha così una cancellazione totale dei segnali in HF nei percorsi sopra ai poli, i collegamenti sono quindi limitati solo a particolari latitudini.

Per frequenze dai 6 ai 2 metri invece si ha una intensa riflessione, consentendo collegamenti anche oltre i 1000 km.

Propagazione transequatoriale

La propagazione transequatoriale (TEP, Trans-Equatorial Propagation) è una speciale forma di propagazione che avviene tra le medie latitudini, approssimativamente alla stessa distanza nord-sud relativa all’equatore.

L’equatore magnetico non è sovrapposto a quello geografico, così come i poli magnetici non corrispondono a quelli geografici.

Non sono noti i meccanismi di questo tipo di propagazione. Essa avviene nel tardo pomeriggio e sera ed è massima nei periodi di massimo solare. Le frequenze coinvolte sono nella banda dei 6 metri, ma alla sera lavorano bene anche quelle dei 2 metri e 70 cm.

La portata dei segnali varia tra i 300 ed i 7500 km ed è maggiore la sera.

Il DX in pratica

Con queste nozioni possiamo dedurre che:

  • Le bande dei 160 ed 80 metri sono tipicamente notturne, attive solo quando manca lo strato attenuante D. I segnali possono raggiungere l'unico strato riflettente F2. Le migliori possibilità di DX si trovano nelle lunghe notti invernali, dove il traffico avviene lungo l'emisfero notturno della terra. Le migliori condizioni le possiamo trovare nei periodi di numeri relativi bassi, poichè abbiamo un rumore di fondo dovuto a fenomeni atmosferici minore. La zona d'ombra quasi non esiste.
  • Le bande degli 60 e 40 metri si comportano grosso modo nello stesso modo. Occasionalmente si possono effettuare buoni collegamenti anche di giorno. La zona d'ombra ha fino a 200 km di raggio.
  • La banda dei 30 metri ha caratteristiche simili alle bande più basse, ma di giorno le possibilità di collegamento sono migliori. Già qui durante l'alba e il crepuscolo troviamo ottime occasioni per collegamenti a lunga distanza, poichè i segnali si trovano a percorrere la parte buia della superficie terrestre. La zona d'ombra si fa molto estesa.
  • Le bande dei 20, 17 e 15 metri sono onde prevalentemente diurne, ma che si propagano bene anche di notte durante i massimi di macchie solari ed in particolar modo all'alba ed al crepuscolo, nella cosiddetta grey zone. La zona d'ombra ha spesso più di 1000 km di raggio.
  • Le bande dei 12 e 10 metri sono attive solo nei massimi di attività solare, quando è possibile effettuare collegamenti con tutto il mondo. I segnali sono tipicamente diurni. La zona d'ombra diventa molto grande se non intercontinentale.

Ovviamente questi consigli sono del tutto generali, in quanto ci possono essere spesso variazioni anche notevoli nella propagazione, dovuti per esempio a tempeste solari e perturbazioni geomagnetiche.

Si può ricordare come regola generale:

  • Sotto i 10 MHz (30 metri) i collegamenti sono generalmente notturni, tra stazioni poste nella zona buia del globo.
  • Sopra i 10 MHz e generalmente fino ai 30 MHz i collegamenti sono generalmente diurni, tra stazioni poste nella zona illuminata del globo, anche se il segnale deve compiere un tragitto maggiore rispetto alla distanza effettiva delle stazioni (long path).

 73 de Andy IV3ONZ

Link utili e bibliografia:

  • ARRL, "The ARRL Handbook for Radiocommunications", ARRL 2011
  • G. Gerzelka, "Manuale dell'operatore DX", (C) 1979 Franco Muzzio & C. Editore
  • M. Martinucci, "Elementi di propagazione ionosferica", (C) 1993 C&C Edizioni Radioelettroniche
  • I. Poole, "Radio Propagation Principles & Practice), RSGB 2013
  • M. Burnette, "The fast track to understanding ham radio propagation", (C) 2018 Michael Burnette

 



DX via Troposfera

L'atmosfera dove respiriamo

La troposfera è lo strato d'aria dell'atmosfera situato tra il suolo terrestre ed un'altezza che, alle nostre latitudini geografiche, arriva circa sino a 11 km di quota.

All'Equatore si estende fino a 18 km, ai poli arriva a 6; l'altezza non è quindi uguale a tutte le latitudini.

Nella troposfera avvengono tutti i fenomeni meteorologici che noi percepiamo direttamente, come vento, pioggia, fulmini, grandine, neve, bel tempo.

La temperatura media è attorno ai 20 °C. Essa decresce con l'aumentare della quota, in teoria, quando l'aria è mescolata in modo uniforme. L'umidità relativa dell'aria dovrebbe fare lo stesso. Dove la temperatura raggiunge quello che si chiama punto di rugiada (dew point) si formano le nuvole.

L'inversione termica

Nella realtà però questo non avviene, a causa della stratificazione delle masse d'aria, specialmente quando siamo in presenza di alte pressioni anche estese, caratterizzate normalmente da bel tempo e calma di vento.

In questi casi, l'aria si stratifica in aree più calde, secche e leggere poste sopra ad aria fredda ed umida, quindi più pesante. Tra le due masse d'aria la temperatura e l'umidità cambiano bruscamente creando il fenomeno dell'inversione di temperatura.

Nella zona di inversione di temperatura viene impedito il moto ascensionale delle correnti. Il fenomeno si verifica in modo particolare in autunno ed in inverno. In particolare, in inverno, si vedono i fumi dei camini che tendono a ridiscendere al suolo e la nebbia è spesso presente.

Propagazione via inversione termica

Quando i segnali radio colpiscono la zona di inversione, essi vengono rifratti verso la superficie terrestre. Si tratta dunque di un fenomeno molto simile al DX ionosferico.

Le portate per riflessione ottenibili dipendono dall'altezza dell'inversione e dall'angolo verticale d'irradiazione dei segnali. Le quote di inversione variano dai pochi centimetri agli 8 km.

Le inversioni termiche esplicano il loro effetto dai 20 fin oltre i 100 MHz; la polarizzazione dei segnali è sostanzialmente orizzontale con angoli di irraggiamento pressochè piatti.

E' sufficiente un'altezza delle antenne di 2 o 3 lunghezze d'onda; questo vuol dire, per la banda dei 2 m, circa 4...6 m.

Con le inversioni a quote maggiori, si otterrebbero teoricamente portate per salto singolo di circa 800 km. Nella pratica, un'inversione termica si può formare a qualsiasi altezza, quindi salti di 300 km sono la norma. Serve però una potenza di trasmissione bassa: stazioni QRP con antenne semplici, quali un dipolo con un elemento passivo, possono realizzare ottimi DX.

Un collegamento DX per inversione termica si riconosce da una lento QSB poco accentuato.

Propagazione via "duct" troposferico

Se l'inversione termica si fa molto estesa, soprattutto sopra i mari ed i grandi laghi, ci possono essere rifrazioni multiple dei segnali radio; la propagazione avviene per salto doppio o multiplo.

Questo perchè si viene a creare una sorta di guida d'onda tra la superficie terrestre e lo strato di inversione (duct).

Per poter funzionare, ci deve essere tra l'inversione e la superficie terrestre una altezza di almeno cinquanta volte la lunghezza d'onda impiegata, ovvero per i segnali a 144 MHz si parla di almeno 100 m.

Con il duct troposferico si possono superare distanze di 1000 km, non è tuttavia raro arrivare e superare anche 2000 km.

Il percorso del segnale è condizionato dalla presenza di turbolenze e dai salti multipli, quindi gran parte della potenza trasmessa viene dispersa. In questi casi sono necessarie antenne ad alto guadagno e particolare cura deve essere posta alla sensibilità del ricevitore.

Propagazione via "scatter" troposferico

Lo scatter troposferico (tropo-scatter) è generato da turbolenze al limite superiore della troposfera che provocano di continuo inversioni termiche.

Esso è possibile in qualsiasi momento della giornata. Servono comunque potenze elevate ed antenne ad alto guadagno e direttività. Si ottengono con questo modo di propagazione portate che arrivano fino a 300 km, occasionalmente fino a 500 e raramente raggiungono i 1000 km.

Le frequenze utilizzabili vanno dalla gamma dei 2 m a quella dei 70 cm. I segnali scatter sono riconoscibili da profonde evanescenze.

Altre forme di propagazione troposferica

Ci sono altre forme di propagazione troposferica, riconducibili tutte a fenomeni meteorologici e coinvolgenti le frequenze dai 30 MHz in su:

  • Rain scatter: la fitta pioggia (rain) sotto una nube temporalesca (come rovesci o downburst) funge da riflettore per le onde radio a frequenze UHF e superiori.
  • Hail scatter: è simile al rain scatter, ma è formato da grandine (hail).
  • Sleet scatter: qui è il nevischio (sleet) che riflette i segnali radio.
  • Lightning scatter: in teoria è possibile usare la ionizzazione dovuta ai fulmini (lightning) per riflettere i segnali radio.
  • Aircraft scatter: gli aerei (aircraft) in volo possono riflettere segnali dalle basse VHF in su. Sono note riflessioni pure per segnali al di sotto dei 30 MHz.

Conoscere la meteorologia per programmare un DX via troposfera

Per praticare il DX troposferico, bisogna essere a conoscenza di alcuni elementi di meteorologia. Da qui si accede al mio sito meteorologico, dove ottenere interessanti informazioni sul tempo in real time.

Ausili come le carte meteorologiche ed i bollettini MeteoMar possono costituire un validissimo orientamento. Anche la ricezione di stazioni televisive analogiche (TV-DX, ormai raro) e broadcasting in banda 87 - 108 MHz FM può indicare buone possibilità di DX.

Infine, con la ricezione dei satelliti polari APT (i vari NOAA), facilmente realizzabile con un PC ed un ricevitore VHF aeronautico o il classico dongle RTL-SDR, si ha la possibilità di formulare semplici previsioni meteorologiche; questi satelliti operano nella gamma 137... 138 MHz.




73 de Andy IV3ONZ

Link utili e bibliografia:

  • ARRL, "The ARRL Handbook for Radiocommunications", ARRL 2011
  • G. Gerzelka, "Manuale dell'operatore DX", (C) 1979 Franco Muzzio & C. Editore

domenica 10 luglio 2022

Restauro di una Radio Giordani mod. 693

 

Rovistando in soffitta ho trovato sotto la polvere questo ricevitore radio degli anni 50, un Giordani mod. 693 del 1951.

Giordani era un produttore locale di apparecchiature radio attivo nei primi anni 50 del secolo scorso.

Noto come "Costruzione Apparecchi Radio e Televisione", aveva il laboratorio in Salita Castello a Udine.

Questo modello è un quadrigamma, due in onde medie e due in onde corte; copre da 530 a 1600 kHz in OM e da circa 6 a circa 22 MHz in OC.

Monta 6 tubi octal con filamento a 6.3 V, ha la media frequenza a 465 kHz e monta un autotrasformatore di alimentazione.

Le condizioni interne non sono delle migliori, anzi, all'inizio l'ho presa come una "missione impossibile" dato il suo stato generale.

Il telaio è parecchio incrostato, non conosco lo stato delle valvole, l'autotrasformatore e le bobine potrebbero essere interrotte o, peggio, in corto circuito.

Anche lo stato dei componenti è messo male: sono da sostituire sicuramente i condensatori elettrolitici con , a seguire, quelli "a carta", il cablaggio che ha l'isolante marcito e probabilmente anche alcuni resistori.

Sono pure da smontare e risanare i potenziometri e riattivare i contatti degli zoccoli delle valvole e del commutatore di gamma.

Insomma, parecchio lavoro.

Il da farsi sarà suddiviso in tre fasi:

- Pulizia del telaio;
- Riparazione elettronica;
- Restauro del mobile.

Smonto i tubi elettronici, li ripulisco delicatamente dalla polvere per evitare di cancellare la sigla con la loro identificazione, e li testo con il provavalvole ad emissione.

Con sorpresa (anche se non troppa, di solito è così) li trovo ancora in buone condizioni.

Messe le valvole da parte in un luogo sicuro, passo alla pulizia del telaio, dopo aver smontato quasi tutte le parti meccaniche.

Il condensatore variabile è ancora efficiente, con una generosa ripulita dalla polvere e dal grasso ritorna quasi come nuovo.

Pure i potenziometri non presentano grossi problemi.

Sono tuttavia da sostituire tutti i gommini passa-cavo e di supporto dell'ammortizzatore per il condensatore variabile. Li rimpiazzo con dei gommini acquistati in kit su Amazon.




 

 

 

 

 

Passo quindi alla riparazione vera e propria. Si tratta di sostituire gran parte dei condensatori e dei cablaggi.

Preferisco sostituirli con componenti nuovi, senza andare a ricostruire le parti vecchie.








Rimontata tutta l'elettronica, mi accingo quindi ai controlli preliminari: assenza di corto circuiti, verifiche dei collegamenti di accensione dei filamenti, verifiche delle linee di alimentazione anodica, verifica dei collegamenti dell'autotrasformatore.

Solo quando mi sento sicuro del lavoro fatto, rimonto tutte le valvole, collego la spina di alimentazione al variac isolato e, tramite una sicurezza composta da una lampada da 100 W in serie alla presa di corrente, accendo la radio, partendo da circa 20 volt, verificando il valore della tensione anodica.

Arrivati a 180 V inizio a sentire il classico fruscio in altoparlante, agendo sul variabile riesco a sintonizzare una stazione radio.

 

La maggior parte del lavoro è completata!

Anche a 230 V tutto funziona correttamente. Si tratta ora di allineare la ricezione con la scala parlante e di tarare la media frequenza.

Con sorpresa (questa volta si, è la prima volta che mi capita) vedo che la scala parlante agisce al contrario rispetto alla sintonia. Va quindi invertita la funicella a livello del condensatore variabile; impresa non delle più semplici.

La messa a punto poi prosegue positivamente su tutte le bande, denotando pure una certa sensibilità e buona qualità sonora.

Non resta altro che restaurare il mobile. Esso presenta numerosi fori dovuti ai tarli, quindi è necessario un trattamento preventivo contro questi animaletti.

Dopo una generosa verniciata con il prodotto antitarlo ed un paio di giorni lasciato a riposare, chiuso dentro ad un sacco di plastica all'aperto, il mobile è pronto per la rimessa a nuovo.

Un pò di stucco per legno scuro e tre mani di vernice sono sufficienti a ridonare vita a questo vecchio mobile.


Il radioricevitore è ora pronto e funzionante; niente male per un vecchietto di più di settant'anni.

73 de Andy IV3ONZ

Link utili e bibliografia:

  • Le radio di Sophie 
  • A. Martens: Restaurare mobili, tecniche e segreti (Demetra 1999)
  • M. Casolaro: Restauro far da sè (Edifai 1988)
  • F. Ginepra: Radio collezionismo (Edifai 1994) 
  • E. Costa, Guida pratica del Radio Riparatore (Hoepli 1965)

domenica 3 luglio 2022

Riparazione dell'alimentatore Zetagi HP147

Zetagi ha lanciato il successo dell'hobby della Citizen Band, non solo con alimentatori, ma anche con tutta una serie di accessoristica, dall'amplificatore lineare di potenza ai wattmetri/rosmetri.

Tutt'oggi produce strumentazione professionale per il mondo delle telecomunicazioni.

Questo alimentatore era già da un pò di tempo che lo tenevo d'occhio. Lo trovai in un mercatino dell'usato. Non sembrava particolarmente usurato, solo alcuni graffi.

Mi colpii che non era fatto di sola plastica, ma almeno aveva lo chassis in metallo e dava l'impressione di robustezza.

Sette ampere a 13.5 V, anche se "1 min. ON, 1 min OFF". Non male.

Mi è stato venduto ovviamente come "funzionante, si accende!".

 


Comunque, come regola da rispettare in ogni caso, controllare sempre prima di adoperare ciò che si porta a casa dai mercatini o fiere.

Controllo e verifiche preliminari

Arrivato finalmente nel mio laboratorio, verifico innanzitutto l'assenza di cortocircuiti. Il primario del trasformatore sembra a posto. Lo collego ad una presa di corrente e lo accendo. In effetti, la spia (LED rosso) si accende.

Misuro per prima cosa se e cosa esce dai morsetti. Con sorpresa, trovo 21.3 V; ben oltre ai 13.5 dichiarati. Evidentemente c'è un guasto.

Decido quindi di aprirlo, sperando che almeno la parte più importante, il trasformatore, funzioni correttamente.

Noto subito tre stabilizzatori tipo 7812 parallellati, con un partitore tra l'uscita ed il piedino di massa.

Come progettista, personalmente non mi piace questa configurazione; generalmente gli stabilizzatori lineari a tensione fissa non garantiscono la stabilità di funzionamento con un partitore che regola la tensione di uscita.

Qui sarebbe meglio usare un integrato stabilizzatore regolabile.

Altra particolarità: parallellando componenti non lineari non si garantisce che la corrente li attraversi in maniera lineare, ovvero una corrente qui ripartita ad un terzo del valore nominale in ogni componente.

Un componente può così surriscaldarsi più degli altri, entra poi in limitazione; gli altri si ritrovano con più potenza da dissipare, e così via.

La probabilità che si guasti quel componente è maggiore; quando succede, in sequenza, tutti gli altri soccombono. Ed è quello che temo sia successo.

Ma queste sono scelte commerciali, non voglio criticare con la mia analisi il lavoro fatto e deciso da altri.

Lo schema è alquanto semplice: un trasformatore con secondario a presa centrale, due diodi raddrizzatori (ed anche qui parallellati due a due), filtro capacitivo (tre elettrolitici da 2200 μF) ed i tre 7812 in parallelo, con partitore resistivo ed un paio di ceramici di by-pass.


Riparazione e modifica

Noto subito la bruciatura di un resistore. E' quello che va dal piedino di massa verso il negativo.

Evidentemente vi è un cortocircuito  in almeno uno degli stabilizzatori. Ne trovo due in corto, il terzo mi da poca fiducia. Vorrei sostituirli tutti e tre, ma poi penso al limite in corrente di questa configurazione.

Trovo nel cassetto dei componenti un LM338T, stabilizzatore regolabile da 5 A della Texas Instruments (ora non consigliato per nuovi progetti, ovvero obsoleto), con 7 A di picco, regolabile sino a 1.2 V, protetto in corrente ed in temperatura.

Elimino i componenti guasti, calcolo il valore del nuovo partitore di tensione e monto il componente, modificando il layout sullo stampato.

Aggiungo inoltre un dissipatore di calore, recuperato da vecchie motherboard di PC, per aumentare la dissipazione termica, un pò carente sul solo pannello posteriore.

Sarebbero anche da sostituire i diodi con altri di maggiore potenza, ma non avendone a disposizione al momento mantengo questa configurazione.

Ci vorrebbe poi un filtro in uscita a bassa tensione, sarà una modifica futura. Per ora, dovrà alimentare solamente il PC server meteo.

Aggiungo infine una ventolina a 12 V sul dissipatore. 

Il trasformatore ha una tensione a vuoto più alta del normale, che una volta raddrizzata arriva ad appunto 21.3 V continui.

Questa tensione dovrebbe garantire un voltaggio minimo con forti assorbimenti, quindi con 5 A il trasformatore potrebbe reggere, scaldando un pò.

Ma per contro, con medi assorbimenti, lo stabilizzatore si ritrova con una maggiore caduta di tensione, che si trasforma in una dissipazione maggiore.

Ricollego il cavo di terra, questa volta con un capocorda avvitato al telaio, e rimonto il coperchio.

Lo accendo, misuro ora 13.5 V. Li misuro anche con il carico collegato; il dissipatore non scalda neanche più di tanto.

Ora funziona.


Posso quindi finalmente avere con una certa sicurezza i miei 13.5 V.


73 de Andy IV3ONZ

Link utili e bibliografia: